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Tra scrittura e libertà: recensione del “Corriere della Sera”

“Corriere della Sera”, 4 aprile 2011

IN PAGINA

I discorsi dei Premi Nobel

di GIORGIO DE RIENZO


È una bella idea quella di Daniela Padoan di raccogliere i discorsi dei Premi Nobel per la Letteratura, scendendo da Herta Müller (2009) fino ad Anatole France (1921). Si tratta di un’ antologia nella sua parte bassa di classici della letteratura del ‘ 900 (Camus, Faulkner, Mann) e in quella alta di voci nuove della cultura di tutti i continenti: da Gordimer (2002) a Oe (1994). Una curiosità: è presente per l’ Italia solo Quasimodo con il discorso «Il Poeta e il Politico», niente Carducci, Montale e Dario Fo. La linea che ha scelto la curatrice è quella che dà il titolo al libro: Tra scrittura e libertà (Editrice San Raffaele, pp. 463, 21). È una linea che va intesa nei due sensi: la scrittura come testimonianza di un bisogno di libertà, che si oppone al binomio di «violenza» e «menzogna» di cui parla Solgenitsin; ma anche la scrittura che libera di per sé l’ uomo dalla storia con i suoi pesi, perché, dice Walcott, il «destino della poesia è di innamorarsi del mondo, nonostante la Storia».

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Tra scrittura e libertà: recensione del Messaggero

“Il Messaggero”, 9 gennaio 2011

La parola ai Nobel. Innamorati del mondo, nonostante la storia

di RENATO MINORE

In un libro i discorsi pronunciati dai vincitori del Premio davanti all’Accademia di Svezia. Sono vere e proprie “lezioni” sul significato dello scrivere

Prima, con Bergson, Camus, Andric, Steinbeck, Faulkner, erano semplici “discorsi del banchetto” che spezzavano l’agape della ceerimonia. Poi, con Singer, Belllow, Marquez, Soyinka, Lessing, Gordimer, Walcott fino alla Muller, a Saramago, a Vargas Llosa sono diventate vere e proprie lezioni pronunziate di fronte all’Accademia di Svezia. In ogni caso, le parole che ogni anno i Nobel della letteratura dicono in occasione della consegna del premio più prestigioso al mondo sono un’occasione unica per riflettere sul perchè e per chi si scrive attraverso la testimonianza di quel prodigioso “bosco parlante” di cui parla Octavio Paz, dove ciascun poeta ha piantato un albero diverso.

Trentotto di questi discorsi, soprattutto quelli che “sembrano privilegiare un sentimento di responsabilità verso gli uomini”, li leggiamo per la prima volta o li rileggiamo nel volume Tra scrittura e libertà (Editrice San Raffaele, 460 pagine, 21 euro). Attraverso la voce di uomini e donne per i quali “la bellezza della parola è ricerca essenziale”, il secolo che abbiamo alle spalle torna sulla scena, con i suoi tanti orrori, dai lager nazisti ai gulag, da Hola Camp a Guantanamo, dall’apartheid alla rivoluzione culturale. Da più punti di vista, la letteratura si rivela l’antidoto di cui parla Brodskij contro tutti i tentativi di dare una soluzione totalitaria di massa ai problemi dell’esistenza umana. Perché “per uno che ha letto molto Dickens, sparare su un proprio simile in nome di una qualche idea, è impresa un tantino più problematica che per uno che Dickens non lo ha letto mai”. Sono parole, ben scrive nella intensa prefazione la curatrice Daniela Padoan, che si tengono in bilico su una corda sottile, sempre sul punto di rompersi, tra la necessità di permanenza etica della storia e la necessità della parola poetica. Perché, come disse Derek Walcott nel suo discorso, “il destino della poesia è di innamorarsi del mondo, nonostante la Storia”. Delle forme di questo amore seppero dire cose davvero essenziali una poetessa come Wislawa Szimborska, nel 1996, e uno scrittore come Saul Bellow, venti anni prima, dai cui discorsi pubblichiamo alcuni stralci.


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Tra scrittura e libertà: recensione della Stampa

“La Stampa”, 10 dicembre 2010

La voce dei Nobel

di MARIO BAUDINO

In un libro i discorsi dei vincitori alla consegna dei premi per la Letteratura. La cerimonia diventa un modo per riflettere su che cosa si scrive e per chi

Cominciò con un «discorso del banchetto», un breve indirizzo di saluto; poi, a poco a poco, si trasformò in quello che ora conosciamo: una lezione impegnativa sulla letteratura e sulle proprie esperienze, uno sforzo di verità, il momento alto nella laboriosa cerimonia del premio Nobel per la letteratura. Oggi a Oslo si consegna quello per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, senza il premiato e senza i famigliari, tutti arrestati in Cina, e senza molte delegazioni internazionali, assenti per non dispiacere al regime comunista. È ovvio che in una situazione come questa lo stretto legame fra Nobel per la pace e diritti umani venga esaltato. Ma non riguarda solo Oslo. Anche il premio per la letteratura – che come tutti gli altri si consegna invece a Stoccolma – ha avuto negli anni una forte connotazione sociale e politica. È certo vero che non tutti gli scrittori più importanti sono stati premiati in Svezia, e non tutti i premiati erano scrittori così importanti, ma resta indubbio che al momento solenne del discorso di accettazione ognuno ha fatto del suo meglio. I discorsi dei Nobel, di cui pubblichiamo sotto alcuni stralci, raccontano non solo la letteratura di un secolo e oltre (il premio nasce nel 1901, com’è noto dal lascito di Alfred Nobel, l’industriale che inventò e produsse per primo la dinamite) ma soprattutto il sentimento dominante di epoca in epoca tra gli intellettuali, forse col filo comune di un costante senso di colpa dell’Occidente, cui si sottraggono in pochi, uno per tutti Saul Bellow. Le edizioni San Raffaele hanno pubblicato in un libro (Tra scrittura e libertà) i 38 testi più significativi, da Anatole France (1921) a Herta Mueller (2009). E la curatrice Daniela Padoan, analizzandoli nella bella introduzione, si chiede che cosa ci raccontino, letti nel loro insieme. Risponde con un’ipotesi affascinante: «Si potrebbe dire che lo stesso premio Nobel nasca dalla necessità di ammansire l’angoscia tra gli uomini». Forse è vero, come disse il poeta Czeslaw Milosz nel 1980, che «la letteratura impedisce che l’uomo si trasformi in una cosa».

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Tra scrittura e libertà. I discorsi dei Premi Nobel per la Letteratura

Perché si scrive? Per chi si scrive?
In migliaia di lingue, in latitudini geografiche e tempi storici diversi, è la storia della condizione umana a tessere la trama che gli uomini raccontano instancabilmente agli uomini.

Tra i discorsi per il conferimento del Nobel pronunciati dal 1901 a oggi, sono qui raccolti quelli che sembrano privilegiare un sentimento di responsabilità verso gli uomini: dai lager nazisti al Sudafrica dell’apartheid, dai gulag sovietici alla rivoluzione culturale cinese, da Hola Camp a Guantanamo.

Pagina dopo pagina, attraverso la voce di uomini e donne per i quali la bellezza della parola è ricerca essenziale, il secolo che abbiamo vissuto – e l’ombra che esso continua a gettare sul nostro presente – ci sfila davanti con immagini che poco concedono alla retorica.

Anche se, dice il grande poeta Derek Walcott, erede di schiavi caraibici, “il destino della poesia è di innamorarsi del mondo, nonostante la Storia”.

Scarica il sommario e l’introduzione.

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